LITOLOGIA E DEGRADO NELLA FACCIATA DELL'ORATORIO DEI ROSSI (PARMA): IPOTESI DI LAVORO PER UN INTERVENTO DI RESTAURO CONSERVATIVO
S. Meli (1), G. Michiara (2), C. Pezzani (2), D. Bersani (3)
(1) Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Parma
(2) GEODE s.c.r.l., V.le Duca Alessandro 1, 43100 Parma
(3) Dipartimento di Fisica, Università di Parma

L'Oratorio dei Rossi (Chiesa della Santissima Trinità) è sito nel centro storico di Parma, lungo un'arteria ad elevata densità di traffico veicolare. La costruzione dell'edificio viene fatta risalire all'inizio del XVII secolo, anche se la realizzazione della facciata è postdatata al 1862-1864. La facciata è stata realizzata utilizzando pietre da costruzione diverse, con leggere differenze cromatiche. Al di sopra di una zoccolatura in granito, sono state posate lastre di rivestimento in materiale lapideo, bloccate con zanche in ferro.
Lo scopo del presente lavoro è la caratterizzazione litologica dei componenti della facciata, con identificazione delle zone di provenienza più probabili, la caratterizzazione di eventuali film cromatici, la descrizione dello stato del degrado (tipologia ed intensità dell'alterazione), il tutto al fine di elaborare una proposta per la migliore strategia di intervento per un "restauro conservativo".
Nell'indagine petrochimica della facciata sono state utilizzate metodologie differenziate: microscopia ottica a riflessione e a trasmissione su cross sections e sezioni sottili, test microchimici, microscopia elettronica a scansione e mappatura composizionale SEM-EDS, spettroscopia FTIR e spettroscopia Raman. Il campionamento è stato effettuato sia su porzioni non trattate che su superfici consolidate con silicato di etile.
Le osservazioni macroscopiche ed al microscopio ottico, congiuntamente ad alcune notizie storiche rinvenute presso l'Oratorio, hanno permesso di identificare la provenienza più probabile per i quattro litotipi della facciata. I grossi pannelli di colore giallo tenue hanno una tessitura microscopica ed una composizione mineralogica compatibile con un litotipo calcarenitico a grana fine, detto Pietra Gallina, i cui maggiori poli estrattivi si trovano in provincia di Verona. Le lastre di colore bianco che suddividono il rivestimento in Pietra Gallina in ampi riquadri, appartengono invece a due diverse formazioni: sulla base delle osservazioni al microscopio, sono state distinte le formazioni della Scaglia Rossa e del Rosso Ammonitico, qui utilizzato nella sua varietà più chiara. Non sono state effettuate particolari indagini sullo zoccolo granitico, particolarmente resistente a fenomeni di degrado, che comunque manifesta forti analogie con il granito rosa di Baveno.
Su tutti i pannelli realizzati in Pietra Gallina è stato rinvenuto un film cromatico giallo-arancio che prima della pulitura era classificabile con il cod. 10YR 7/4 (greyish orange) della scala Munsell. Il film presenta un buono stato di conservazione solo sul fregio sottostante al timpano, dove risulta protetto dall'acqua piovana. Si tratta di una stesura composta da ossidi di ferro e calce, quasi completamente trasformata in gesso da processi di solfatazione legati ad inquinamento. Localmente sono stati rinvenute tracce di legante organico, che inducono a ipotizzare la presenza di ritocchi a tempera.
Lo stato del degrado osservabile allo stato attuale è fortemente influenzato dalla litologia del rivestimento. La parte granitica, nonostante occupi una posizione normalmente soggetta ad alto stress, è risultata praticamente inattaccata in profondità, presentando unicamente un consistente deposito superficiale di particellato atmosferico. Gli altri tre litotipi, in ragione dei diversi caratteri tessiturali, sviluppano superficialmente, a scala macroscopica, differenti comportamenti nei confronti dell'attacco degli agenti del degrado: il Rosso Ammonitico infatti risulta più incline alla formazione di resistenti e compatte ricristallizzazioni di calcite, localmente ricoperte da "croste nere": queste ultime risultano composte da gesso e particelle carboniose. La calcite riprecipitata ha provocato lo "sbiancamento" della pietra, la quale, come risulta da prove effettuate con microsabbiatrice, originariamente possedeva una colorazione leggermente rosata. La Pietra Gallina localmente é interessata da croste nere, con perdita di materiale per fenomeni di decoesione (spolvero); nei punti in cui sviluppa una laminazione più netta, sono presenti esfoliazioni superficiali molto evidenti.
Le analisi sopra descritte hanno permesso di fornire indicazioni per il restauro conservativo della facciata: per evitare la rimozione completa della crosta riprecipitata di calcite sul Rosso Ammonitico e sulla Scaglia Rossa, considerata troppo invasiva rispetto alle modalità conservative del restauro, é stata suggerita una tecnica di pulitura con nebulizzazione di acqua a bassa pressione (4 atm), con contemporanea spazzolatura della superficie. Per le croste nere più resistenti, è stato valutata la possibilità di una loro rimozione con impacchi di carbonato d'ammonio al 20%, applicati con sepiolite. Le esfoliazioni presenti sui rivestimenti di Pietra Gallina hanno reso necessario un consolidamento preventivo con silicato di etile; solo successivamente la pietra è stata sottoposta allo stesso trattamento degli altri litotipi. A restauro ultimato, sono stati prelevati piccoli campioni per un confronto in cross section con lo stato ante intervento, che ha confermato la validità delle metodologie applicate.